Vai direttamente ai contenuti

Home > Notizie ed eventi > "Longarone non c’è più"

"Longarone non c’è più"

02.11.2017

"Longarone non c’è più", il libro di Roberto De Nart, giornalista, fondatore del quotidiano locale on line Bellunopress e direttore responsabile di Atelier, rivista di architettura e design del Nord-est, racconta in 150 pagine corredate di foto e documenti inediti, la straordinaria opera svolta dall’Automobile Club di Belluno a seguito della tragedia del 9 ottobre del 1963. Quando una frana di 260 milioni di m³ di roccia scivolano nel bacino artificiale sottostante di 115 milioni di metri cubi d’acqua alla velocità di 30 m/s (108 km/h), provocando un’onda di oltre 250 metri che si abbatte sulla valle del Piave. In sei minuti è tutto finito. Un intero paese viene spazzato via e muoiono 1.917 persone.

"Nel greto del Piave, le carcasse di automobili sono centinaia e centinaia, molte brillano al sole" scrive Egisto Corradi sul Corriere della Sera di venerdì 11 ottobre 1963. Cronista di razza e scrittore, che di tragedie ne aveva viste molte nella sua vita, sottotenente degli alpini, decorato di medaglia d’argento al Valor militare, reduce dalla Campagna di Grecia, e di Russia, Corradi è impressionato da ciò che vede a Longarone. In realtà, le carcasse di auto ritrovate e identificate attraverso il numero di targa al Pubblico registro automobilistico di Belluno, come rivelano i documenti riprodotti nel libro, furono solo 36.

Ebbene, in questa situazione di straordinaria emergenza il prefetto di Belluno, Domenico Caruso, affida l’incarico all’Automobile Club di Belluno del recapito dei telegrammi di Stato ai Comuni rimasti isolati, del coordinamento dei trasporti, del censimento dei veicoli sinistrati e dell’assistenza agli agenti di polizia, attraverso il recapito di generi di conforto.
Alle ore 9.30 del 10 ottobre 1963 l’Automobile Club di Belluno era già a completa disposizione per fronteggiare la difficile situazione con il presidente senatore Luciano Granzotto Basso, il direttore Ugo Pontiroli Gobbi e l’intero consiglio direttivo formato dai due vicepresidenti il dottor Giambattista Arrigoni e l’ingegner Igino Dalla Bernardina. E dai sei consiglieri, il senatore Giovanni Buzzatti, il professor Francesco Cucchini, il cavalier Pietro De Bona, il cavalier Ferruccio Gidoni, Aurelio Lise e Guglielmo Scheibmeier.

Il libro riproduce i documenti ufficiali dell’epoca con la corrispondenza tra le autorità locali e la Sede centrale dell’Aci in Roma.
Nel corso dell’assemblea generale dei presidenti provinciali degli Automobile Club, che si tenne a Roma il 22 novembre del 1963, il presidente nazionale Filippo Caracciolo principe di Castagneto (padre di Marella, moglie di Gianni Agnelli e di Carlo presidente del quotidiano La Repubblica, Gruppo editoriale l’Espresso e Finegil editoriale) elogia l’Automobile Club Belluno per l’opera svolta.

"Dal 10 al 25 ottobre - dichiara Caracciolo - con i servizi organizzati direttamente, l’Automobile Club Belluno riusciva ad effettuare il trasporto di oltre 54mila persone". Segue l’intervento del senatore Luciano Granzotto Basso, avvocato e presidente dell’Automobile Club Belluno, che riassume le iniziative intraprese dall’Ente per garantire i collegamenti, quando ancora dovevano essere ripristinate i servizi di trasporto di linea.